Ci sono parole dal richiamo bellico. E non a caso il marketing le usa a piene mani.
Un famoso manuale che incita esplicitamente a usare strategie belligeranti, per esempio, è Marketing Warfare del 1986 di Al Ries e Jack Trout che paragona il marketing a una guerra. Gli autori sono infatti convinti che le aziende debbano pensare come fossero generali sul campo di battaglia. Introducono inoltre concetti come attacco, difesa, guerriglia, conquista del mercato, tutto per distruggere la concorrenza con strategie aggressive. Un altro testo con una forte impronta bellica è The Art of War for Managers di Gerald Michaelson che applica L’arte della guerra di Sun Tzu al business e al marketing. Così… per fare un altro esempio.
Una parola che trovo adatta a strategie guerrafondaie e che spesso si usa anche nel non profit è obiettivo. Non sto dicendo che non vada MAI usata, tuttavia perché non scegliere di usare scopo quando si può? È molto più di una alternativa. È una scelta generativa soprattutto se si fa comunicazione sociale.
Scopo
Deriva dal tardo latino scŏpus, a sua volta proveniente dal greco skopós che significa bersaglio o mira. Il termine è correlato al verbo greco skopéō che significa guardare, osservare. In italiano scopo ha dunque assunto il significato di fine a cui si tende più che di bersaglio da centrare. È perciò vicino al concetto di finalità, direzione, insomma senso ultimo di un'azione.
Obiettivo
La parola obiettivo viene dal latino medievale obiectivus, derivato da obiectum che significa oggetto. Quest'ultimo è formato dalla combinazione della preposizione ob- (davanti) e dal verbo iacere (gettare) con il significato di "ciò che è posto davanti". In italiano, obiettivo indica un fine da raggiungere, ma anche in ambito fotografico il sistema di lenti che guarda verso l'esterno. Inoltre è un termine tipico del linguaggio militare: ciò a cui sparare. Il fine è la prevaricazione o la conquista.
Scopo e Obiettivo condividono sì la semantica del guardare o mirare verso qualcosa, un fine o una meta da raggiungere. Tuttavia il significato originale di Obiettivo è oggetto, quindi parlare, scrivere e pensare per obiettivi rischia di oggettivare ciò che è umano. Ecco perché Obiettivo piace al linguaggio commerciale, perché il richiamo all’ ‘oggettivizzazione’ (che non è la stessa cosa di oggettivazione) conferisce una connotazione più tecnica, misurabile e, si pensa, anche strategica. Ma qui è il caso di decidere che cosa sia davvero ‘strategico’.
Lo scopo va oltre l’obiettivo, anzi è il presupposto dei diversi obiettivi da raggiungere per dare credito allo scopo che ha direttamente e sempre a che fare con la missione dell’organizzazione e anche con la sua visione. Quindi scopo secondo me è più strategico di obiettivo.
Gli obiettivi realizzano lo scopo, ma non lo sostituiscono
Ovviamente il fundraising lavora anche per obiettivi e la raccolta fondi deve essere misurabile. Mi sembra però che spesso si usi obiettivo tout court e questa scelta lessicale non è solo una questione di linguaggio, bensì di conformità a modelli altri da noi e che alla fine influenzano il nostro modo di pensare. Per esempio ci porta a credere che tutto ciò che non sia misurabile non abbia valore.
Proviamo per esempio, invece di: "Il nostro obiettivo è integrare 50 persone migranti nel mondo del lavoro entro il prossimo anno”, possiamo scegliere: "Il nostro scopo è creare opportunità di lavoro per le persone migranti, affinché possano costruire un futuro dignitoso. Per farlo, vogliamo supportarne almeno 50 entro il prossimo anno."
Non inseguiamo solo metriche, ma manteniamo lo scopo al centro della narrazione.
Inoltre un obiettivo è qualcosa che si raggiunge, dopodiché si passa al successivo. Uno scopo, invece, non si esaurisce mai: è la direzione di fondo, il motivo per cui facciamo qualcosa. Ha a che fare anche con la nostra motivazione, il nostro ‘perché’. L’identità è legata alla dimensione dello scopo, non si costituisce per obiettivi raggiunti o disattesi. Se dunque impostiamo anche il linguaggio per obiettivi, rischiamo di vedere il successo solo come una serie di traguardi, senza considerare il significato più ampio di ciò che facciamo e senza imparare dai fallimenti.
Per esempio, invece di: "L’obiettivo della nostra campagna è aumentare del 30% la consapevolezza sui diritti delle persone con disabilità”, possiamo scegliere: "Il nostro scopo è costruire una società più inclusiva, in cui i diritti delle persone con disabilità siano conosciuti e rispettati. Per questo, vogliamo raggiungere sempre più persone con la nostra campagna”.
Non facciamoci modellare il pensiero dal linguaggio del mercato.
Un’organizzazione può raggiungere mille obiettivi (raccolta fondi, nuovi iscritti, aumento dei follower), ma se perde di vista il suo scopo – il motivo per cui esiste – rischia di snaturarsi. Nonostante i molti obiettivi raggiunti.
Per esempio, invece di: "Il nostro obiettivo è distribuire 100.000 pasti gratuiti alle famiglie in difficoltà entro fine anno”, possiamo dire: "Il nostro scopo è garantire a chi è in difficoltà il diritto a un pasto sano e dignitoso. Per farlo, ci impegniamo a distribuire almeno 100.000 pasti entro fine anno."
Ma allora dobbiamo eliminare la parola "obiettivo"?
No, tuttavia dovremmo riequilibrare il linguaggio, evitando di usare solo i termini del marketing.
“Il nostro obiettivo è raccogliere 100.000 euro per l’emergenza umanitaria” è diverso rispetto a: “Il nostro scopo è garantire dignità e diritti alle persone colpite da questa crisi. Per farlo, il nostro obiettivo è raccogliere 100.000 euro.”
Scopo = il perché profondo
Obiettivo = il mezzo per realizzarlo
Nel non profit la comunicazione svolge un ruolo strategico e, quando orientata al fundraising, deve essere pianificata con precisione, adottando un linguaggio adeguato al contesto e agli strumenti scelti.
Ad esempio, nella comunicazione esterna è spesso più efficace utilizzare il termine scopo che richiama la missione e il cambiamento che l’organizzazione intende realizzare. In fase di pianificazione, analisi e progettazione, invece, è spesso più appropriato parlare di obiettivo, in quanto definisce un traguardo specifico, misurabile e funzionale alla strategia.
La scelta terminologica non è solo una questione stilistica, ma un elemento chiave nella costruzione di messaggi coerenti ed efficaci, capaci di supportare sia la fase strategica che quella operativa della raccolta fondi.
Giulia Barbieri, co-founder Non Profit Factory